Non li scelgo mai, sono loro che scelgono me e me ne accorgo perché tornarci mi mette di buon umore: in quei posti i pensieri trovano riposo, ordine e leggerezza. Sono i posti del cuore che mi fanno sentire al mio posto, nel posto giusto.
Alcuni hanno il profumo di casa, di abitudine. Lo è Mahatsemboka, la tavola calda in cui tutte le mattine, prima di andare nei villaggi, ci fermiamo con gli agenti nutrizionali a mangiare un mofo gasy (piccolo dolcetto tipico) e dove torniamo, dopo lunghe camminate e tanti incontri, per pranzare. In questo posticino, al centro di Ampefy, ci accolgono sempre con sorrisi amici e gentilezza. Mahatsemboka in malgascio significa “sudare” perché questo piccolo hoteli, con pentole sempre accese e fumanti, è un posto davvero caldo.
Seduta al tavolo, vedo alternarsi accanto a me tantissime persone, e mi piace fantasticare sulle loro vite: dagli anziani, intenti a bere il loro latte caldo, ai bambini, con le loro divise colorate e i loro sguardi ancora troppo stanchi. Da Mahatsemboka ho assaporato per la prima volta il gusto vero di una tavola malgascia tradizionale, ho imparato a setacciare il riso per toglierne i sassolini, a vivere il tempo aiutando a fare piccoli nem e a condirli con patate calde, prezzemolo e semplicità. Questo posto del cuore è stato dal primo giorno il ritratto di casa, da quando con fare curioso ho messo i piedi per la prima volta sulle tavole traballanti e scricchiolanti di questo baracchino di legno costruito al bordo della strada. E ancora, mentre mi perdo ad ascoltare questa lingua così diversa dalla mia, guardo tra le fessure sotto i miei piedi dei galletti rincorrersi. Mahatsemboka è il mio posto del cuore perché, nelle giornate intense, anche i piccoli sassolini che si incastrano tra i denti mangiando il riso diventano preziosi: un sorriso condiviso con le persone che sono con me e una risata, che è un linguaggio universale.

Altri posti mi riportano a momenti belli, che sono legati ad emozioni a cui non sempre sono riuscita a dare un nome. Lo è la finestrella che mi permette di osservare cosa succede in sala operatoria durante gli interventi. Lì ci vedo i miei sogni, la scoperta di quella parte “clinica” che tanto cercavo e ancora non conoscevo. E ci vedo tante mani strette alla mia: mani grandi di persone che mi hanno accompagnata, delicatamente, alla scoperta di cose ed emozioni nuove; mani piccole di bambini appena nati o di speranza di rinascere ancora.

Lo è il piccolo locale vicino al fiume in cui abbiamo scoperto lo yogurt fatto in casa e l’emozione di condividerlo dopo una giornata di lavoro. O il bar di Alén, che con la sua musica tipica mi ricorda tanti momenti belli, tanti aperitivi felici, mi trasporta a ritmi di battiti di cuore accelerati.
Lo sono i tramonti, che ancora guardo con le lacrime agli occhi riflessi sul grande lago di Itasy, e la brezza mattutina dell’alba, magari vista da un piccolo scorcio tra l’acqua e le montagne.
Sono diventati un posto del cuore anche Rosita, Arianna, Davide e Aurora: posti sicuri in cui ritrovarmi, imparare ad ascoltarmi, abbracciarmi, o semplicemente vivere il silenzio. Loro, che sono i miei compagni in questo viaggio così bello, sanno arricchire ogni giorno i miei occhi di dettagli nuovi, di cose che io sola non riesco a vedere.
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E poi il terrazzino sul fiume.
Quel posto che con un pizzico di egoismo conservo come posto mio.
E’ il posto dove il mio cuore si sente a tempo; dove sembra esserci sempre un leggero venticello, anche nelle giornate più calde e afose.
In quel posto non mi sento mai sola, coccolata dalle grida gioiose dei tanti bambini che giocano con l’acqua del fiume. E’ un posto in cui torno dopo una giornata bella e sento il mio cuore vivo, quasi in gola da quanto sono emozionata. E’ un posto in cui torno dopo una giornata brutta e sento, ancora, il mio cuore vivo ma questa volta giù, nella bocca dello stomaco.
E’ in questo posto che ho imparato che il peso del proprio cuore si può lasciare nelle mani di chi lo sa guardare e di chi sa prendersene cura, mani che sanno rimetterne insieme i pezzi o ascoltare la bellezza di un battito accelerato, di un cuore vivo.
