La storia di Aurora, Civilista 2024-2025

Dopo undici mesi trascorsi in Madagascar, sento il bisogno di fermarmi un attimo e riflettere sull’intensità e la profondità di un’esperienza che ha segnato la mia vita in modi che difficilmente potrò dimenticare.

È stata un’esperienza che ha lasciato un segno profondo, sia sul piano personale che professionale.

Il Madagascar è una terra di contrasti, dove la bellezza della natura si intreccia con la semplicità — e, a volte, la durezza — della vita quotidiana. La gentilezza delle persone e i sorrisi dei bambini mi hanno accolta e accompagnata lungo tutto il mio percorso.

Vivere qui mi ha insegnato ad adattarmi, a rallentare, ad osservare e ascoltare di più. Ho imparato a fare a meno del superfluo, a gestire l’imprevisto, e soprattutto a riconoscere il valore dei piccoli gesti quotidiani. Le difficoltà non sono mancate: la barriera linguistica, le differenze culturali, le sfide sanitarie e logistiche. Eppure, ogni ostacolo si è trasformato in una lezione preziosa.

Parlare del mio percorso ad Ampefy significa raccontare anche ciò che, con e grazie a Change, abbiamo costruito. Insieme al personale dell’ospedale e, soprattutto, con il coinvolgimento diretto delle famiglie, abbiamo gettato le fondamenta di un servizio di riabilitazione. Abbiamo creato spazi di accoglienza, ascolto, terapia e gioco, dove ogni bambino potesse sentirsi visto, accolto e valorizzato. Dove la disabilità non fosse un limite, ma un punto di partenza per costruire autonomia, dignità e futuro.

I primi mesi sono stati dedicati all’ascolto, al dialogo con le famiglie, le autorità locali e i professionisti del territorio. Fin da subito è emersa con chiarezza la totale assenza di servizi dedicati all’infanzia con disabilità, così come il bisogno urgente di sensibilizzazione e formazione. La sfida era grande, ma altrettanto grande era la motivazione. Siamo partiti dagli sguardi pieni di curiosità e da un silenzio che, poco a poco, si è trasformato in risate, suoni, movimento.

La motivazione dei genitori, la curiosità dei piccoli pazienti e il sostegno del personale dell’ospedale e della comunità locale hanno permesso al Centro di diventare un luogo concreto di possibilità.

Le difficoltà non sono mancate: la carenza di materiali, i pregiudizi ancora radicati verso la disabilità, la complessità di alcuni quadri clinici e le limitate conoscenze della popolazione rurale in questo ambito. Ma ogni ostacolo è stato affrontato insieme, con pazienza e determinazione. E oggi possiamo guardare con orgoglio ai piccoli-grandi traguardi raggiunti: i primi passi di un bambino che non camminava, le prime parole di chi non parlava, il sorriso di una madre che torna a sperare.

Durante quest’anno ho potuto conoscere da vicino la cultura malgascia, partecipare a tradizioni locali, instaurare legami autentici con la comunità. Ogni interazione, che fosse legata al lavoro o alla semplice quotidianità, è stata una fonte preziosa di arricchimento personale. In una società dove il tempo sembra avere un altro ritmo, ho riscoperto l’importanza delle relazioni umane, della presenza autentica, della gratitudine per ciò che si ha.

Concludere questa esperienza non significa chiudere un capitolo, ma aprirne un altro. Il Centro continuerà a crescere con le persone che oggi lo abitano, lo gestiscono, lo rendono vivo ogni giorno. Io porto con me il privilegio di aver fatto parte di questa storia fin dal primo mattone, e la promessa — silenziosa ma profonda — di non dimenticare mai tutto ciò che questo luogo mi ha insegnato: a vedere la forza straordinaria nascosta nella fragilità.

Torno in Italia con molto più di semplici ricordi: porto con me nuovi valori, nuove consapevolezze e una visione del mondo più ampia. Il Madagascar mi ha messa alla prova, mi ha accolta, e in un certo senso, mi ha cambiata. Non è stato solo una destinazione, ma una vera trasformazione.

Un anno fa sono partita con un sogno. Oggi quel sogno ha preso forma, e cammina sulle gambe — piccole ma determinate — dei bambini che ne sono i veri protagonisti. I loro volti saranno per sempre il mio punto di riferimento.

Aurora Colli, Terapista della neuro e psicomotricità e SCU 2024-2025